Intervista: Angelo Argiolas, E.N.D.


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29 aprile 2012

Angelo Argiolas è un amico. Ci siamo conosciuti su internet, poi abbiamo preso e fatto di tante chiacchiere un rapporto vero, certe volte professionale, altre volte paranormale.
Ci saremo sfanculati un migliaio di volte.
Mi avrà fatto un milione di avances, sul set di “Sestwin Peaks“.
Gli avrò rivolto un miliardo di complimenti, per la sua carriera con gli E.N.D., per ostinarsi a non usare il plettro sul suo basso, per avermi fatto conoscere in maniera diretta una bella fetta dell’ambiente underground della zona.
Perché non fargli qualche domanda? Ed eccolo qui, spalle al muro proprio alla vigilia di un Primo Maggio sestese.
Che si rimanda all’anno prossimo.
Vi presento Angelo Argiolas, nudo e crudo.

 

A.P.: Tra le tue varie professioni, da quella di bombolaio a quella di macellaio, dal volantinaggio all’organizzazione di concerti, c’è il giornalismo. Hai lavorato per il Giornale Di Sardegna, curato la webzine Rockers.it, collaborato con tantissime redazioni.
Ora che ti dedichi ad altro, principalmente la musica, che lascito conservi della carta stampata?
Qual è stata la tua esperienza, e perché hai deciso di interrompere?

Angelo Argiolas: Ho belli e cattivi ricordi. Per fortuna i secondi sono arrivati solo alla fine, e mi hanno dato la spinta per smettere. Con Rockers è iniziato tutto. Non nascondo che sono sempre stato polemico e provocatore, spesso anche in modo inopportuno, nonostante la recente maturazione in questo senso. Per cui mi divertivo un mondo ad esprimere lo spirito critico. Mi arrivavano per le mani un sacco di demo, cd-single e album e godevo a stroncare i lavori che ritenevo brutti.
Ci azzeccavo quasi sempre, anche quando un lavoro era ben fatto. Ho avuto la fortuna, infatti, di recensire alcune bands che ora sono sulla cresta dell’onda dell’indie italiano, e ne sono alquanto contento. Mi mancava però qualcosa per crescere.
Così nel 2005 mi proposi al Giornale Di Sardegna, dove incontrai quella che poi ringrazierò tutta la vita per avermi insegnato a scrivere veramente: Daniela Amenta (già L’Unità e Il Mucchio Selvaggio).
Mi ricordo bene le brusche bacchettate in romanesco per ogni pezzo scritto maldestramente (ero ancora abituato al liberismo editoriale delle webzine): “O me scrivi mejo sto pezzo, o t’ho tajo tutto, movite che me serve per le quattro!”. Al momento ci rimanevo male. Solo successivamente, con lo studio della PNL e dell’importanza della comunicazione verbale, ho capito quanto fossero importanti certi modi e certe parole per me. Ampliai le mie conoscenze e i miei contatti, intervistando Morgan, i Subsonica, gli Offlaga Disco Pax, Elio (per ben due volte, una dal vivo al concerto di Cagliari del 2006, fu per Rockers), e davo spazio anche ad artisti nostrani come facevo in webzine.
Tutto ciò mi valse la nomina di giurato per diversi anni a Sottosuoni ed Arezzo Wave, i contest più importanti per artisti emergenti. Con la debacle de Il Sardegna cambiò anche la redazione culturale e la Amenta cambiò ruolo, e non riuscii più a trovare spazio (i miei pezzi non videro mai la luce per motivi che ancora non conosco), quindi decisi di lasciar perdere, anche perché avevo nuovamente la voglia di rimettermi in gioco come musicista ed essere giudicato con la visione matura del giudicante.
Il mondo del giornalismo musicale è divertente, ma è anche allo stesso tempo una doppia lama. Con quell’esperienza ho capito quanto molte persone (decisamente troppe per i miei gusti) dell’ambiente musicale vivano di interessi personali, potere e voglia di diventare qualcuno. Forse spinti anche dalla voglia di successo, spesso anche a livello provinciale. Quando smisi di scrivere ufficialmente, infatti, sparirono quasi tutti, molti di coloro che mi chiedevano gli articoli quasi facevano finta a riconoscermi per strada. Altri smisero persino di salutarmi. Ho legato molto solo coi (P)neumatica, con Jimi dei Sikitikis, Giorgio Canali e qualche altro. Ma non tutto il male viene per nuocere, è stata un’esperienza che mi ha fatto maturare.

 

A.P.: Quali sono le figure che ritieni più valide, nel panorama giornalistico sardo?

Angelo Argiolas:Per me è la cipolla“.

 

A.P.: Ti sto per accompagnare all’uscita.
Torneresti mai sui tuoi passi, tornando a occuparti di scrittura, di giornalismo, di opinione ed informazione?
Ho notato che quando si tratta di esprimerti riprendi la penna in mano con grande capacità.

Angelo Argiolas: Scrivo già saltuariamente su Sestu Reloaded e qualcosa su altre webzine. Diciamo, che quando ho voglia di recensire qualcosa che mi interessa, qualche evento o fare degli editoriali di attualità musicale, sfrutto, quando mi va, quegli spazi.
Per la carta stampata, la risposta è invece categorica: no.
Non ho più la voglia di combattere con redazioni sbadate, fondamentalmente poco adatte al mio modo di scrivere e criticare. Non mi sono mai piaciuti gli articoli pubblicitari. Voglio pubblicare ciò che penso meriti, non qualcosa che mi commissionano perché magari è amico di questo o di quello, o perché è sulla cresta dell’onda in un dato momento. Per dare un’opinione c’è comunque la vita di tutti i giorni, c’è il mio profilo privato di facebook, ci son gli amici. E tu lo sai benissimo che non ho problemi. Poi in futuro chissà. Per ora, però, lo escludo. Meglio suonare e organizzare.

 

A.P.: Ripercorriamo la tua carriera di organizzatore di concerti. Come hai iniziato, quali sono i passi fondamentali, la situazione di oggi, e cosa prospetti per il futuro?

Angelo Argiolas: Devo dirti la verità, inizialmente volevo organizzare un contest per gruppi emergenti. Eravamo un bel po’ di persone, ed avremmo voluto fare un’associazione. L’abbiamo finita io a scrivere appunto nel Giornale di Sardegna, e con gli altri abbiamo fatto l’esperienza di organizzare allo Zero Café. Son stati i miei primi concerti. Il primo che ho fatto son stati Le Cornacchie di Ales, vecchio gruppo rock’n’roll con il quale feci una festa di carnevale. Andata benissimo, circa 80 ingressi.
Dopo di che ho fatto degli esperimenti, ma non andarono come speravo. Lanciai Giovanni A. Sechi, il Faust’O sardo, giovane promessa dell’indie italiano, ma non ebbe molta fortuna. Son molto orgoglioso di essere stato il primo a farlo suonare a Cagliari, e non fu facile farlo accettare al pubblico.
Dopo qualche serata fallimentare (in una feci solo 2 ingressi, una debacle incredibile), decidemmo di smettere, anche per altri problemi che non sto qui a spiegare. Lo Zero fu un’ottima palestra, alla luce del fatto che poi, un anno dopo, andai a fare la spalla di Maurizio Rocca (cantante dei (P)neumatica) nell’organizzazione della stagione estiva del Calypso, il famoso chiosco del Poetto.
Oltre a diversi festival a tema con gruppi sardi, portammo alcune delle attuali realtà rock: i Cut, gli Offlaga Disco Pax, i Super Elastic Bubble Plastic, i Marta sui Tubi, gli Zen Circus, Giorgio Canali & Rossofuoco, Garbo e Il Teatro degli Orrori.
Ricordo che Mauri ricevette una mail non proprio carinissima riguardo l’ultimo gruppo citato. “Ma chi cazzo sono Il Teatro degli Orrori? Ma perché non portate gruppi sardi che meritano di più di questi continentali?!” o qualcosa del genere. Beh, oggi chi mandò la mail è un fan sfegatato del Teatro, che posta su Facebook 3456 volte al giorno il video di “Compagna Teresa”.
Credo che quella stagione del Calypso sia stata irripetibile e unica, per qualità e quantità. Ma si sa, i seguaci del Poetto preferiscono il reggae a tutte le ore. La mia politica è riuscire a portare artisti mai venuti in Sardegna, o che mancano da tantissimo tempo. Giusto per sfatare il mito che qui si preferiscono sempre minestre riscaldate o Afterhours/Bandabardò ogni anno. Ho coronato uno dei miei obiettivi che era quello di far suonare i Diaframma, ed è successo la vigilia dell’epifania del 2010, a Sestu. Mentre l’anno scorso, sempre nello stesso paese, ho fatto il tour di Massimo Zamboni (CCCP/CSI) ed Angela Baraldi, che hanno fatto un rewind di CCCP e CSI alla festa del PD di Sestu (e ringrazio tutti i ragazzi dell’organizzazione e del partito).

 

A.P.: E poi c’è il Primo Maggio di Sestu.

Angelo Argiolas: La Festa del Lavoro a Sestu è senza dubbio il mio cavallo di battaglia. Nacque idealmente sempre ai tempi de Il Sardegna. Un giorno mi commissionarono un pezzo sul Primo Maggio e sul perché non si facesse la festa dei lavoratori in Sardegna, come a Roma.
Beh, tra gli intervistati (tra cui c’erano, tra gli altri, Joe Perrino e Davide Catinari) ci furono delle parole che mi fecero capìre che dovevo fare qualcosa. Coprire un buco artistico, in quel giorno. Per una volta ho ringraziato un Santo che è Efisio, che occupa fedelmente il primo maggio in quel di Cagliari, così ho avuto strada libera per evitare di fare doppioni Sestu-Cagliari.
Sempre su consiglio del fedelissimo Maurizio Rocca, nel 2009 portai The Damned, leggenda del punk british di fine anni ’70. E’ stato il mio evento più riuscito, in cui suonarono anche i Sikitikis, i (P)neumatica e i Chemical Marriage. Non ce l’avrei mai fatta, però, senza Maurizio Serci, all’epoca assessore alle politiche giovanili del Comune, e senza il resto dell’amministrazione.
Con pochi soldi son riuscito a togliere fuori un bel coniglio dal cilindro, e a riempire la piazza. 2500 anime, che forse potevano essere anche di più. E il tutto è documentato in tutte le forme possibili. Con il famoso patto di stabilità, poi, sono arrivati i primi problemi coi finanziamenti. Per cui, saltato il 2010, si arriva alla seconda edizione del 2011, in cui con Sa Cambarada di Tertenia (eheheh li conosci no?), abbiamo fatto mille persone di pubblico per Giorgio Canali e gli Offlaga Disco Pax più alcuni gruppi locali. E’ andata bene comunque.
Purtroppo il 2012 sarà senza Festa del Lavoro, ma ci rifaremo l’anno prossimo.
E ho già delle idee gustosissime.

 

A.P.: Cosa ti aspetti artisticamente dalla tua città? In particolare, cosa ti aspetti dalla stagione estiva concertistica cagliaritana?

Angelo Argiolas: Non mi aspetto più nulla da niente e nessuno.
Sottolineo, poi, che non sono di Cagliari, ma sto a Sestu, ed è quella la mia città (o paese?). Ho letto poco tempo fa uno, se così vogliamo dire, sfogo delle Lucido Sottile che mi ha colpito parecchio, perché rispecchia a pieno anche quello che penso io del “movimento arte/musica/similari” di Cagliari e dintorni.
Ci sono diversi “gruppetti” in cui è presente un gregge e un pastore. Nella formazione dualistica dell’uomo senza coscienza di sé, ovviamente non esiste gregge senza pastore e viceversa. Si ha bisogno gli uni dell’altro. E guai a cambiare “loggia”.
Ecco: ci sono le diverse “crew” di ogni tipo (non ho voglia di soffermarmi sui tipi) e se non ne fai parte sei fuori, non conti niente, hai pure qualche difficoltà ad emergere come musicista o artista di ogni genere, perché vieni boicottato da questo o da quello, eccetera. Si fa sempre tutto in famiglia, ovviamente. Stampa, concerti, spazi. Pure i gusti personali diventano oggettivi. Si ascoltano le cose a forza, e si apprezzano perché piace al branco.
Non è il mio caso, perché sono ben contento di star fuori da queste caste, sia perché salvaguardo la mia libertà, sia perché credo nelle mie potenzialità e in quelle della band dove suono, sia perché se stimo una persona o un artista lo faccio per la sua reale qualità, non per la quantità di spam su Facebook o per gli articoli sui quotidiani isolani.
C’è ancora molta teatralità e apparenza. Persone che due mesi prima erano “truzze” e te le ritrovi punk o indie in qualche ora, giusto per entrare nel clan. Ci si fa ancora la guerra tra gruppi (“Spacchiamo tutto!”, “Che seghe quelle!”, “Ma cosa vorranno fare?”), ci sono ancora quelli che “Se non vieni alla mia serata io non vengo alla tua”, quelli che organizzano i concerti lo stesso giorno del loro “rivale”, eccetera.
Artisti discutibili che diventano fantastici in pochi giorni, salvo poi sentirsi incompresi se non se li caga più nessuno. Manca ancora il rispetto per la libertà di farsi gli affari propri, e delle idee diverse, fuori dal coro. Non è sempre una prerogativa sarda, però questo aspetto dell’arte in città non si è mosso più di tanto. Perché non ti credere che non succeda lo stesso nel campo della fotografia, della pittura, scultura, e nelle altre cose. E’ proprio la mentalità. Anche se sono conscio che tutto migliorerà.
Sulla stagione estiva non so dirti molto. Sono felice che il sindaco Massimo Zedda abbia messo una parola “fine” alla questione PUL del litorale del Poetto, e che tutti i chioschi ripartano da zero ad armi pari.
Mi auguro succeda lo stesso per le programmazioni, spero in un po’ più di varietà, che ci siano sempre meno tribute bands e qualche gruppo inedito in più. Ci sta suonare e andare ad ascoltare cover, è anche divertente, purchè non diventi un’ossessione. Ormai ci manca la cover band dei Pooh e abbiamo fatto l’en plein! Sembra quasi che per via della frustrazione di non riuscire a vedere un gruppo famoso fuori Sardegna, ci si accontenta di vederne le “copie” (spesso anche fatte male). E il bello è che ci si esalta pure! Ci sono tanti gruppi validi che fanno musica propria, perché non puntare anche un po’ su di loro?

 

A.P.: La tua carriera di musicista, tra Cagliari e dintorni, è ricca e prolifica. Proviamo a ripercorrerla facendo cenno rapporto con il tuo strumento e con tutti i musicisti con cui hai condiviso saletta e palco.

Angelo Argiolas: Ad onor del vero non è stata poi così tanto ricca. Prolifica, quasi. Ho iniziato a tastare i palchi a poco più di 20 anni, fresco di Epiphone “Toni Iommi” e di un Marshall da 25 watt, acquistati col primo stipendio del mio nuovo lavoro di “mascellaro” (come se dice a Roma).
La prima band che mi ha lanciato son stati gli eterni Nox, psychobilly-rock’n’roll ancora in voga oggi. Facevo il secondo chitarrista, e grazie a loro ho imparato a conoscere il garage, il surf, e un sacco di musica che a quell’età snobbavo sia per ignoranza giovanile, sia perché era il tempo dei Dream Theater e delle cose iper-tecniche e velocissime che ti facevano sentire chissà chi, su una cima di onnipotenza.
Lasciai per problemi personali di lavoro, ne soffrii, ma capii quanto furono importanti per la mia crescita. Seguirono i Megaron, gruppo rock italiano fatto con amici del mio paese. Pezzi nostri. E raggiungemmo l’I-Tim Tour di Red Ronnie. Suonammo di fronte a quasi 30000 persone ad Alghero, nel 2002.
Un’altra bella botta d’ansia, che però mi diede il calcio in culo definitivo per abituarmi al rapporto “musicista-pubblico”. Cosa che per me, che allora ero molto timido e introverso, era quasi impossibile da superare. Ci sciogliemmo per problemi interni il 17 gennaio 2003, di venerdì (giorno fortunato), paccando rovinosamente una serata allo Spazio Martini di spalla ai Fun Key.
Mi dispiacque molto. Da allora ebbi un blocco di qualche anno, dove stetti molto male per il fatto di non suonare, ma intrapresi altro in ambito musicale per compensare la mancanza. Non era la stessa cosa. Decisi allora di cambiare strumento. Percepivo il fatto che fare il secondo chitarrista non mi faceva esprimere. Fare il gregario non mi appagava.
Ho sempre pensato alle bands come all’unione di individualità artistiche che comunicano tra loro e armonizzano un messaggio in chiave musicale. Un modo un po’ stirneriano. Sotto questo punto di vista apprezzavo molto i (P)neumatica, per il fatto che ognuno di loro esprimeva un certo egocentrismo, che però faceva a braccetto con gli altri componenti della line-up, facendo uscire bellissime canzoni. Ognuno aveva qualcosa da dire e non ci si adeguava ad una regola di branco. E così ho scelto il basso, che mi rappresentava maggiormente. Tant’è vero che ho sempre apprezzato più i bassisti dei chitarristi, nonostante facessi parte della seconda categoria. E così ho iniziato a suonare, e in qualche mese iniziai due progetti di musica inedita: i Reservoir Dogs con Luca, ex Megaron, e il progetto Dissociazione, una cosa solista di cover rivisitate e pseudo-colonne sonore.
Coi Reservoir Dogs abbiamo una decina di pezzi, bellissimi, che però non so se avranno mai la luce. Ma confido nella buona riuscita di un disco. Dal 2008 ho iniziato il progetto E(lectric).N(oise).D.(evice) – (già Terawatt, The End, End.). Non c’è che dire, ho trovato la mia dimensione. Il sogno di suonare gli anni 80 goth e post-punk in chiave moderna si è avverato. E di questo ringrazio Stefano Asunis per avermi convinto ad iniziare questo cammino artistico con lui.
Un sentiero denso di ostacoli, con tanti cambiamenti, crescite esponenziali, discese, salite, eccetera. Siamo un bellissimo gruppo (fisicamente soprattutto). Credo/crediamo molto nella nostra musica, e vedrai che qualche colpo riusciremo a farlo.
Appena uscirà l’EP d’esordio sarà una bomba. Per non parlare dell’album.
Attualmente sto anche suonando come tournista in varie date di Alessio Longoni, e ho suonato un pezzo nel nuovo disco di Old Sparky, che uscirà a breve. Ci sarebbero anche i Siltal, un progetto-trio di musica elettronica, che però è in freezer e non so quando si riprenderà.
Mi piace spaziare con alltri generi, e altre persone. Anche perchè impari tante altre cose che suonando solo un genere non riusciresti ad assimilare. Il mio gruppo sono gli E.N.D., ma con Alessio Longoni son cresciuto nella mia parte pop-soft, che è cosa da non sottovalutare. Alessio meriterebbe il grande salto, è uno dei cantautori più bravi che eistano.

 

A.P.: Le tue posizioni ideologiche marxiste leniniste, con sprazzi anarchici, vedono sempre il dualismo tra raziocinio/istinto, scienza religiosa e magia senza paraocchi. In quest’ambito hai studiato Corrado Malanga e frequenti Gabriella Mereu.
Cosa ti ha spinto in questa direzione e come spieghi il tuo punto di vista che molti definiscono “strampalato”?

Angelo Argiolas: Cerco di mettere ordine su ciò che affermi delle mie presunte ideologie politiche. Ho un’idea di organizzazione socio-politica molto personale. Il fatto che poi queste idee vadano a limonare con Lenin, Marx, Bakunin e Stirner può farmi piacere, ma non mi rende più comunista o anarchico di un militante.
Apprezzo sì Marx, Trotsky, Stirner, ma anche alcuni concetti di Evola e Nietzche. Sono fascista? Non direi. Non faccio parte di nessun partito e dubito ne farò parte. Ho avuto diverse richieste di candidatura ad elezioni, tutte gentilmente rifiutate.
La politica è sporca, e io non ho voglia di fare le lotte sul fango. La politica è una recitazione, un teatro in cui c’è il ruolo dei buoni, quello dei cattivi, i salvatori e i bastian contrari.
Ci siamo intesi, no? Io sono libero, non ho intenzione di pensare con la testa degli altri e per questo motivo sono allergico ad ogni forma di partito politico. Mi piace l’idea che un giorno la Sardegna diventi indipendente, perché culturalmente e storicamente non siamo italiani. Ma anche in quel frangente, il “dividi et impera” ha scisso la causa comune in tante piccole realtà politiche, dove probabilmente conta altro rispetto al fine indipendentista. Magari apparire in pubblico in berritta, barba e giacca in velluto, e abbozzando qualche frase in pessimo sardo: “Pocos, locos y mal unidos”.
Sono ateo, ma non sono materialista. La “Scienza Religiosa” non mi riguarda, ne sto lontano. Louise Hay si è fatta una fortuna inserendo, oltre alle banalità sconcertanti che si sanno dai tempi che furono (“Tutto dipende dalla mente”: ma va? Aspettavo te!), una miriade di omissioni importanti ai fini della comprensione dei concetti da lei esposti e inventando altre bufale per far sì che i suoi libri vendessero.
In U.S.A. sono molto bravi a manipolare. Sanno che la gente sta male, e ti “vendono” il modo per raggiungere il benessere. Così fanno i burattinai del New Thought, Scientology, Rhonda Byrne con la sua “Legge d’Attrazione”. In un certo senso anche le religioni monoteiste fanno la stessa cosa: ti terrorizzano dicendoti che stai male senza Dio, e te lo “vendono” i cleri in comodi plagi mentali. Con l’Otto Per Mille, con le tasse, con le offerte in Chiesa, con l’iscrizione nei registri vaticani.
Il vero segreto è che non esistono segreti. Tutto ciò di cui parlano i primi e i secondi, lo puoi avere gratis. Nella prima ipotesi si chiama “desiderio”, nella seconda si chiama “Coscienza/Atto di volontà” (che loro chiamano erroneamente Dio). Come vedi, è tutta una questione di terminologie.
Anche il termine che usi, “Magia”.
È fastidioso. E’ il termine che usano i razionalisti per tutto ciò che non è concepito dal loro modo di pensare materiale. La divisione tra raziocinio e istinto, infatti, non ha assolutamente senso, perché fanno parte di un tutt’uno. Così come il cervello è composto da lobo razionale e lobo istintivo/creativo. Se ti abitui (come ci hanno insegnato) a staccarli, sei dissociato da te stesso e dal mondo circostante, e così facendo sei facilmente plagiabile dal sistema. “Dividi et impera“. La “scienza” da una parte, la “religione” dall’altra, un po’ come il PD e il PDL, Uomini e donne, positivo e negativo, Gesù e Satana, Shiva e Visnu, ufficialisti e complottisti, atei e credenti.
Se ci pensi, anche nella simbologia della Vergine Maria esiste una divisione. Tale divisione andrà a programmare in modo errato i comportamenti tra e di uomo e donna nei successivi duemila anni. Maria diventa incinta senza atto sessuale. Scientificamente impossibile, ma allegoricamente decisivo.
Si inganna l’inconscio, facendogli credere che si può amare senza toccarsi, e viceversa si crea l’anti-cristiano, che ci scopa tutto senza amare. Ecco perché molte donne odiano gli uomini “trombatutto senza emozioni”, e perché i maschi si rompono delle “principesse romantiche che odiano il sesso perché è sporco”. Molte unioni e matrimoni sono falliti in partenza anche per questa divisione, e sono quasi tutti cattolici.
Tutto ruota attorno ad un fittizio dualismo che andrebbe “letto” in maniera del tutto distaccato, e riprogrammare il pensiero senza atti di fede. La Fede è il colpevole numero uno. Si può avere fede anche senza essere credenti in Dio. Pensa a un razionalista scettico: non ha mai studiato i fenomeni, non legge nulla oltre la sua dottrina, perchè si fida ciecamente del Docente di Fisica o Matematica. Il tutto perché è riconosciuto da una presunta “comunità scientifica” o perché un’élite di quattro o cinque professoroni gli ha dato un foglio di carta con su scritto “Laureato”. Per cui ciò che dice il docente diventa legge, senza che ti chiedi il perché. Talvolta senza neppure capire ciò che leggi.
Il libro diventa il testo sacro, il docente il prete, tu il fedele. Mi sembra tutto chiaro e lineare.
E cosa cambia da un cattolico o un islamico? Il vestito. Il dualismo è come una moneta con due facce diverse. Cambiano le immagini, ma la moneta è sempre una, no? Tutto è uno, se non ne prendi coscienza sei un uomo a metà che vede l’Universo con un occhio solo.
Ecco come si crea il potere, che si regge principalmente sulle bugie e sulle ricchezze. Ma anche su altri due pilastri: l’ignoranza e le paure. Paura di conoscere cose nuove o di accorgersi che, magari, tutto ciò che ti hanno obbligato a studiare ti è servito solo a capire che le cose stanno diversamente. Chi riesce ad accorgersi di questo è, per me, avanti anni luce. Più evoluto.
In sintesi è questo che ho imparato a riconoscere in me stesso e nella realtà, seguendo tanti studiosi, tra cui anche Corrado Malanga. Non mi soffermo sulla questione aliena perché non ne ho voglia, e mi sono ripromesso di non parlarne più se non con chi è davvero interessato per questioni personali e di crescita.
E così è per Gabriella Mereu, che mi ha dato conferma sull’effettiva realtà che la teatralità e la recitazione di ognuno di noi, le bugie, creano dei sintomi e dei malesseri. Non sono un testimone di Geova e non ho nessun interesse a indottrinare le persone. Tutto ciò che affermano e portano avanti Malanga e Mereu, esiste già in altri testi di psicologia, psicanalisi, testi scientifici, ecc.
Esiste in Bohm, in Jung, in Eriksson (non quello della Sampdoria), in Freud, in Nardone, in Bach, nei costruttivisti, in Bandler, e tanti altri. Ognuno è artefice del proprio destino, e pensa ciò che gli pare. È la sua vita.
Tutto ciò che faccio è provare a provocare gli altri per stimolare in loro curiosità, e vedere se sono in grado di riequilibrarsi. Aiutare un amico a risolversi un problema è una soddisfazione immensa, l’empatia che ne deriva fa crescere anche me. Perché nel momento in cui tu hai un rapporto con una persona, stai acquisendo le sue esperienze e le hai vissute anche tu. Si diventa un tutt’uno! E’ una cosa bellissima e la consiglio.
Di quello che, invece, pensa e dice la gente su queste mie prese di posizione non m’interessa granchè. Ho diversi amici che si arrabbiano spesso per questo “modo di pensare”, subisco anche molte prese in giro. Fa parte del gioco. Beh, pazienza.
E’ una scelta anche vivere di convinzioni, e pensare sempre a cosa fa il tuo vicino senza guardare il tuo, di giardino. Esiste anche tanta gente che usa il malessere per avere più attenzioni, per comandare, per creare sensi di colpa.
Io, invece, in questo momento della mia vita sto davvero bene e sto migliorando ogni giorno di più. Molto di ciò che desidero e ho sempre desiderato sta arrivando, e ho sempre più conferme che sono “nel verso giusto”. Ora sto studiando Roberto Zamperini e Sonia Germani, e l’uso del Cleanergy. Il campo delle energie sottili è molto affascinante, mi ci vorrà del tempo per capire bene di cosa si tratta e se posso trarne giovamento. Non si finisce mai di imparare.

 

A.P.: In qualche modo, sei un punto di riferimento, un personaggio pubblico, nella rete e in particolare su Facebook. Come vedi questo aspetto della tua vita?

Angelo Argiolas: Non so, lo stai dicendo tu. Se è così io non me ne sono mai accorto. Sicuramente dieci anni di presenza in rete pesano. Grazie alle chat, ai vecchi canali di Irc, Msn, C6, Facebook, ho conosciuto il 90% delle persone che frequento attualmente.
Ho trovato anche lavoro, amori, amicizie.
Ho conosciuto tutta la musica che per questioni economiche non avrei mai potuto sondare in tempi di magra. Internet è un mezzo, e come tale va usato intelligentemente. E’ l’unica cosa veramente libera che è rimasta.
Ma personaggio pubblico non saprei. Ti posso però dire che ho sentito tante cose bellissime che hanno detto sul mio conto. Per farti degli esempi, io sono: gay, nazista scoperchia-tombe, fascista, omofobo, satanista, faccio sesso coi gatti, ho un figlio di due anni e il lunedì commento sui giornali le partite di calcio. Beh, a te non verrebbe da scompisciarti dalle risate?
La mappa non è il territorio”, secondo la Programmazione Neuro-Linguistica. Ognuno ha la sua e va rispettata e lasciata perdere. E così io posso avere la mia “fotografia” della realtà circostante. Così come mi leggi in rete io sono nella vita. Per alcuni meglio, per altri identico, per altri ancora peggio.

 

A.P.: Io voto per il sesso coi gatti.
Come vedi la situazione dell’economia sarda per gli under 40?
Qual è il tuo attuale status professionale e come vivi personalmente il fenomeno dell’emigrazione?

Angelo Argiolas: Percepisco un leggerissimo miglioramento, ma la strada è ancora lunga. Purtroppo ha fatto più danni la speculazione mediatica sulla presunta “crisi”. Da quanti anni si parla di crisi economica? E di debàcle finanziaria? Almeno dal dopoguerra. E’ importante tenere sempre il morale basso al popolo, per indirizzare nella mentalità la convinzione che c’è sempre qualcuno a salvarci le chiappe dalla carestia.
E questo è lo Stato “buono” o il governo del momento. Se ci fosse davvero una crisi debilitante, i negozi di Apple e di telefonia non sarebbero pieni ogni giorno. Poi magari quelle persone non pranzao, però intanto hanno l’I-Phone, vestono di marca e il sabato sfoggiano l’apparenza da ricco sfondato.
Comanda lo status symbol del ricco e dell’avente materia. E siccome frega le menti più deboli, che sono la maggioranza, ne fanno le spese anche gli altri che non c’entrano niente. La crisi è, come sempre, nelle menti. Così magari uno che si spacca la schiena seriamente si trova a dover pagare quello che altri sprecano.
Attualmente lavoro come tirociniante al Servizio del Personale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari, all’Ospedale Civile. C’è un ambiente d’oro, con colleghi squisiti, e mi trovo davvero bene.
Ma capisco che per molti non c’è la stessa fortuna lavorativa (o magari, non se la vanno a cercare), e deve andare via dall’isola. L’emigrazione ha due facce: è necessaria o diventa semplice esterofilia/italianofilia. C’è una convinzione indotta dall’insularità, dalla chiusura mentale degli isolani (il mare è fatto di acqua, simbolo di mente e pensieri, l’acqua chiude la Sardegna mentalmente; tutto torna, no?), che porta a pensare (per fortuna non sempre) che fuori sia tutto migliore. Non è così!
Fuori Sardegna trovi più possibilità di crescita, che è una cosa diversa. Sia perché girano più soldi, sia perché ci sono più persone che hanno creato quello che poi tu, emigrante, andrai a usufruire. E così è per l’estero. Se sei scemo, anche se te ne vai ad abitare a Londra, rimani cretino, non è che diventi d’un colpo un genio. Sono d’accordo, però, che magari persone con talento e creatività, vadano a farsi le ossa dove possono esprimersi meglio, dove c’è più “materia” da cui attingere. Cosa che in Sardegna, ahimè, spesso non puoi fare per mancanza di strutture, istruzione, e quant’altro.
Questo vale per il lavoro come per l’arte. Poi magari, sarebbe bello che tutte queste persone diventate erudite, tornino nell’isola a farla crescere. Perché paradossalmente, la Sardegna è una terra molto fertile. Mancano solo i semi.
E diciamocelo chiaramente, al di là di tutto, qui non si sta poi così male.

 

A.P.: Il tuo paese è Sestu, ci sei nato e cresciuto, pur avendo studiato a Cagliari. Sei un provinciale, ma a dieci chilometri dalla città. La tua esperienza dev’essere stata preziosissima nel destreggiarti nella giunglesca flora della metropoli.
Mi racconti qualche aneddoto o ti fermi al trattato sociologico?

Angelo Argiolas: “Sei un provinciale” è inteso come “sesi pagu bessiu”?
Sono molto legato a Sestu, sono nato a casa e ovviamente sono legato molto anche ad essa. Ci sono molte cose che non mi piacciono e che vorrei diverse, ma questo non mi ha ancora spinto a candidarmi per diventare sindaco. Magari un giorno. Chissà.
L’unico aneddoto che posso raccontarti, è che nel periodo delle scuole a Cagliari avevo l’accento di Sant’Avendrace.
Magari l’avrei finita a vendere ricci. Togo no?

Testo di Alessandro Pilia

Foto di Alessandro Manca e Angelo Argiolas

Info Angelo Argiolas:

http://www.facebook.com/angelo.argiolas
http://brinca.ning.com/profile/electricnoisedevice

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