Storia e definizione di museo dalle origini a oggi


Il museo, nel corso dei secoli, ha acquisito sempre nuovi significati e ruoli cui hanno corrisposto nuove impostazioni spaziali. Il termine museo deriva dal greco antico mouseion, la casa delle Muse, figlie di Zeus (padre e sovrano di tutti gli dei) e protettrici delle arti e delle scienze, patrocinate da Apollo (dio di tutte le arti, della medicina, della musica e della profezia). La prima testimonianza scritta sul museo si ha dai testi di Strabone (III secolo d.C.) nel diciassettesimo libro della Geografia. Il geografo greco descrive Alessandria d’Egitto e gli immensi palazzi reali della dinastia dei Tolomei fino alla fine del IV secolo. Nei suoi scritti è contestualizzato il Mouseion, che comprende i portici, le sale simposi e il cenacolo ove sono serviti i pasti ai dotti membri. Il Mouseion ospita una comunità di eruditi votati esclusivamente allo studio di astronomia, filologia, matematica, geografia, filosofia. La loro completa dedizione per queste discipline è favorita dal mecenatismo regio. Il concetto di “museo” approda ad Alessandria d’Egitto per opera dei primi Tolomei che si ispirano alla scuola di Aristotele. Demetrio, tiranno di Atene, è scacciato dalla città e si rifugia ad Alessandria d’Egitto (300 a.C. circa). Nel centro ellenico era il principale fautore del Liceo di Aristotele. Il Re Tolomeo Soter, in seguito, chiama da Atene il fisico Stratone per affidargli il ruolo di tutore del figlio. Demetrio e Stratone sono gli ispiratori del mouseion e della biblioteca di Alessandria d’Egitto, il cui edificio è realizzato dal sovrano egizio Tolomeo II Filadelfo, nel III secolo a.C. Essi portano nella città i principi (intesi come la ricerca del vero e il culto delle muse) del Liceo di Aristotele e dell’Accademia di Platone, rendendoli istituzioni ufficiali. Facendo un salto di millecinquecento anni, la concezione più moderna del termine nasce nella Firenze quattrocentesca per indicare una raccolta di codici e di opere d’arte prevalentemente antiche. Nel XVI secolo (1537-38) la definizione si consolida ad opera dell’umanista Paolo Giovio. Il collezionismo si sviluppa in Europa tra il XV e il XVIII secolo. Gli umanisti cercano le vestigia dell’Antica Roma e si adoperano per la loro conservazione. Intraprendono attività archeologiche, tra cui accurati scavi. Nel 1462 Papa Pio II vieta il riutilizzo dei materiali di spoglio, dando un contributo alla tutela dei monumenti. Gli eruditi studiano i manoscritti e riscoprono gli autori classici. Collezionano le “piccole antichità” (medaglie, oggetti comuni o preziosi, frammenti di sculture). Il XVII secolo è interessato dal collezionismo di medaglie. Sono monete antiche, nelle quali sul fronte regna un’effigie e sul retro è rappresentato un monumento o un rito commemorativo di un particolare evento storico. La passione per il collezionismo, col tempo, si espande a un pubblico sempre più vasto: anche i Principi, tra cui Lorenzo de’ Medici, si avvicinano a questo nuovo mondo. Tra il XV e il XVI secolo il collezionismo è sempre più indirizzato alle statue dell’Antica Roma che sono esposte in grande sfoggio nei giardini. Per tre secoli la scultura romana rappresenterà l’archetipo del bello. Ora, contrariamente al passato in cui solo il valore del materiale o l’antichità del pezzo ne determinavano valore e pregio, acquisisce prestigio anche la qualità artistica e la fattura dell’opera o dell’oggetto.
Non ci si limiterà solo alla collezione di medaglie e di statue, ma il campo del collezionismo coinvolgerà le raccolte di incisioni ispirate alle statue classiche (ad esempio l’Ercole Farnese, una scultura ellenistica in marmo alta 317 cm di Glycon Ateniese, databile al III secolo d.C., oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli) e i calchi delle statue stesse. I calchi sono impiegati per una realizzazione bronzea delle sculture.
Come gli umanisti raccolgono e collezionano medaglie, l’erudita Paolo Giovio colleziona ritratti su tela, originali o copiati dalle effigi delle medaglie. Li suddivide in quattro categorie: filosofi e letterati defunti, scienziati e letterati viventi, artisti, prelati e sovrani.
Giovio, tra il 1536 e il 1543, ospita le opere, ritratti di personaggi celebri, in una casa adibita appositamente a questo scopo, a Borgo Vico (Como). Intitola una sala alle muse protettrici e ispiratrici delle arti e ad Apollo denominandola “museo”, termine già in uso fra gli umanisti per designare un luogo di studio e di discussioni tra eruditi. Ma qui acquisisce un nuovo significato.
Paolo Giovio, medico, ecclesiastico, umanista e storico, nel 1550 pubblica i quarantacinque libri dell’Historiarum sui Temporis, delle biografie di contemporanei illustri strutturate sul modello dei grandi uomini dell’antichità.
Intanto l’Europa del XVI secolo è interessata da una nuova forma di collezione: il gabinetto delle curiosità. Si tratta di un tentativo di “ricostruire l’universo in una stanza” chiamato anche cabinet in Francia, studiolo in Italia e Kunst und Wunderkammer (stanza dell’arte e delle meraviglie) nei paesi germanici.
I principi arricchiscono le loro collezioni di antichità con pezzi curiosi e rarità provenienti da terre lontane. Ecco che cresce l’interesse dei collezionisti per gioielli, coralli, grandi conchiglie, utensili di popolazioni sconosciute a cui spesso si associano poteri magici. Il corno di un immaginario unicorno è un esempio di oggetto comunemente collezionato perché considerato un amuleto o un oggetto sacro. In realtà spesso si tratta del dente di un grande cetaceo dei mari del nord, il narvalo. Nella penisola italiana Isabella d’Este, marchesa di Mantova dal 1490, moglie di Francesco II Gonzaga, realizza il suo studiolo personale nel castello di famiglia, ove ama ritirarsi per gioire dei propri tesori antichi. Le collezioni del Granduca Francesco I de’ Medici non sono di antichità, ma composte da opere d’arte, dagli oggetti più preziosi delle collezioni della casata e da curiosità naturali che saranno inserite in un’ambientazione notturna dello studiolo personale, il quale diverrà un “guardaroba di cose rare et pretiose”. Il Granduca, appassionato studioso delle meraviglie che possono scaturire dall’incontro fra la Natura e l’Arte, desidera la costruzione dello studiolo, iniziata nel 1570 e portata a termine nel 1575. Il piccolo ambiente è stato progettato dal pittore e architetto Giorgio Vasari e dall’erudito Vincenzo Borghini. Il particolare fascino dell’ambiente si deve all’unione dei contributi di ben trentuno artisti diversi, quasi tutti membri della fiorentina Accademia del Disegno. Lo studiolo privato sarà direttamente collegato con la camera da letto del Granduca, unico accesso possibile.
Dal collezionismo di curiosità naturali (naturalia et mirabilia) prendono vita i gabinetti scientifici col loro naturalismo enciclopedico, un prototipo per lo sviluppo delle scienze naturali del XVIII secolo. (…)

Prosegue, alla prossima!

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Informazioni su Paola Corrias

Editor / Curator / Dreamer Paola Corrias scrive di Arte Contemporanea e Architettura su testate nazionali e internazionali, sul web e cartacee. Si forma con una laurea magistrale all’Università di Cagliari come Conservatore dei Beni Architettonici e Ambientali e approfondisce la disciplina con ulteriori studi in Architettura. Attualmente è consulente per il Restauro come libero professionista. Si interessa alla curatela di mostre di arte contemporanea nella città di Cagliari e nell’Iglesiente cercando di assorbire ciò che il territorio offre. Tra le sue più grandi passioni: fotografia, cinema, musica, urbanistica, paesaggi culturali.

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