Live report: Thank U For Smoking – Old Square, Cagliari


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3 febbraio 2012

Sembra “Seven“, ma senza gente.
In effetti è una desolazione, la città, in queste ore.
In questi giorni.
Piove da settimane.
Cagliari trafitta, ricoperta da un manto uniforme, grigio, teatrale. Qualcosa si spegne in mezzo a blocchi di cemento. Fosse fuoco, fossero gli occhi di una vecchia.
Tutto è scheggiato, semidistrutto, invecchiato precocemente.
C’è il tanto di pensare che forse anche chi guarda non sia messo bene, c’è bisogno della visita oculistica di un medico da campo.
Si salvi chi può: qui l’apocalisse è arrivata.
Nemmeno più gli elicotteri solcano le nuvole, intimiditi dalla foschia. Intimiditi dagli spari, sopra.
Cani scellerati cercano carne marcia tra le macerie. Sarajevo sembra una barzelletta e le “Indicazioni stradali sparse per terra” di Nezdad Maksumic hanno ripreso il cammino dei passi guidati dalla paura.
Mai aver paura, è sempre tutto a posto. Basta vedere dove vanno i topi.
Il silenzio è tombale e, se qualcosa si muove, va storto.
Passino i temporali, ma i fuochi no. Ce ne sono stati tanti e quelli non vanno bene affatto.
Qualcosa va storto.
Figure che scappano, e sono le stesse impaurite da tutto ciò che scappa, a sua volta.

Quando succede quello che è successo, si torna alla base.
Elementi: acqua, sopra; terra, sotto; fuoco, tutto intorno; e aria. L’aria non c’è, se la sono rubata quelli che producono suoni. Per trovarla bisogna trovare qualcuno che li faccia, i suoni.
Cagliari messa a fuoco dai locali, il midollo spinale bruciato da un attimo di forza autoinnescata. Fagocitante rabbia. Risposta urlata. Vedo cumuli di parole e sono esattamente quelle che vorrei veder stampate a caldo. Ma balbettare insensatezze genera mostri, per cui.
Thank U For Smoking, Idioteque, Old Square.
Una suite come se fosse un lungo, esteso, fugace sparo di fucile.

Li avevo già visti in un posto che non c’è più, assieme a Mombu ed Erotik Monkeys, e me lo ricordano anche, il Linea Notturna.
Ma ora sembra tutta un’altra cosa.
E’ un’altra, la prospettiva.
Qui c’è un disco nuovo e mesi di preparazione.
Un rapporto pubblico/strumentazione che va oltre lo sperimentare d’improvviso, e si fa razionale circoscrizione mentale.
Un’opera, un manufatto.
Nell’intro di Valerio Marras e dei suoi possenti pedali si cela un semi-addio a quell’attitudine. Dai feed, dagli echo, dai phaser, dai loop, dai tube parte una delle sei suite che vanno a comporre la tavolozza fumante, marmorea, di queste tre eterogenee figure. Ricordano quegli edifici nuovi che crollavano, alla fine della settimana scorsa.

Lana d’acciaio.
L’abrasivo interporsi della ritmica di Matteo Mereu è un completo sostegno alle spirali delle due chitarre. Ci sono le “Stanze” dei Massimo Volume quanto i “Nouns” dei No Age, in particolare nell’alchimia compositiva, nel degenerare ammortizzato.
Nei testi, in italiano, dalla stratificazione tintinnante.
Nella figura di Aurora Atzeni.
Lei segna, con la sua voce, i pochi tratti melodici di questa manciata di sfoghi primordiali.
Dita sulle tastiere si muovono asincroniche.
Siamo in piena guerra, chiamati ad esserci anche se è congelata. Dietro l’angolo, le cadute libere del post-rock di Slint e Mogwai, più in lontananza, gli esperimenti dei Modest Mouse come carillon sparati da un’arma da fuoco.

C’è spazio per una citazione de Il Teatro Degli Orrori (bagliore sulla grande domanda di questa settimana: hai ascoltato “Il mondo nuovo“, che ne pensi?) e un e-bow lanciato sul ponte dei ricordi sostituito da un archetto, i crini spettinati.
Notevoli le assonanze con le meduse di “Solo un grande sasso” dei Verdena, nelle code, in una centrifuga ad alti volumi e ridotte andature. Ripeto, perché c’è il tanto, che ogni membro di questo gruppo avrebbe potuto fare il concerto da solista, tanto è pieno, corposo, completo, il suono. Vederli assieme è un sovraccarico di dati/immagini/miscugli/sinapsi.
In un’oretta (spero sia esatta come circoscrizione temporale, dato lo smarrimento innescatosi) ho avuto, compresso e inscatolato, un influsso più che degno per essere definito “seratona con la effe maiuscola”.

Fuori la pioggia è finita, ipnotizzata da un minuscolo raduno umano.
L’urgenza di uno sputo sull’asfalto e un caffé caldo, per digerire.
Il freddo, il vento, si sono portati via tutto.
Sussurrano nelle orecchie che qualcosa si stia muovendo di nuovo, immune agli attentati.
C’è una rete che ci unisce tutti, una comunione d’intenti.
Prima o poi nascerà una nuova possibilità. Nel frattempo ci stringiamo le mani.
Con un pensiero alla mia seconda casa di questo inverno.

Scaletta:

Dopo la quiete, il nulla
Corrotto, mistico, complice
Delitto
Il ponte di Einstein-Rosen
Al risveglio, com’è reale l’iride
Dedica in lacrime

Testo di Alessandro Pilia

Foto di Paola Corrias

Info Thank U For Smoking:

http://www.facebook.com/pages/THANK-U-FOR-SMOKING/98996166882
http://www.myspace.com/thankuforsmokingband

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