“Una piccola impresa meridionale” di Rocco Papaleo – Teatro Massimo, Cagliari


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12 aprile 2012

Reduce dalla conduzione del Festival di Sanremo, Rocco Papaleo approda al Teatro Massimo di Cagliari con il suo spettacolo “Una piccola impresa meridionale“.

L’istrione lucano si trova in sala ben prima dell’inizio, tra gli spettatori, per dare una mano ad accomodarsi, fare due chiacchiere. Un personaggio del tutto alla mano e a suo agio anche nel ruolo dello scaldapubblico.
Qualche minuto prima dell’inizio del suo spettacolo.

E’ un modo efficace per entrare in contatto con le persone, far si che ne nasca un dialogo, e da quello scaturisca empatia. Papaleo esprime parole, concetti senza essere concettuali, con un doppio fondo, comprensibile eppure profondo. E fa ridere, e fa sì che tutto sia vero, comico e tragico.

Uomo senza tempo, abbigliamento classico eppure distruttore di schemi stantii, il protagonista non si pone limiti, tra monologhi e sipari, atti a presentare i compagni di palco.
Arturo Valiante
, anima sensibile dello show, si ritaglia spazi ricchi di pathos: chino sui tasti in un solo pianistico, recitante un breve testo, accompagnato dalla melodia suonata dallo stesso Papaleo.
I ruoli invertiti, di istanti fermi e poeticità intimista.

In sostegno, Guerino Rondolone al contrabbasso, Pericle Odierna ai fiati, Gerry e Francesco Accardo, rispettivamente cajon, spazzole e djembe, e chitarra acustica e semiacustica. La piccola impresa meridionale, appunto: composito sestetto, simpatico situazionismo, perfetta abilità tecnica.

Si parla di figli e bambini, amore ed erotismo, romanzi a cuore aperto e pane con la frittata, vita coniugale e moderne fobie, ricordi spensierati e desideri agognati, i treni da non perdere, la società di oggi e i caratteri di sempre.
Leggerezza/acume in midtempo estivi, intervallati da agili jazzati.
Tutto in musica, ma non solo.

Papaleo, veterano militaresco (lontano dagli spessi occhiali in “Classe di ferro“) e filmografico (ha segnato, come caratterista e non, tanto pop italiano, da Pieraccioni a D’Alatri, sino a Virzì e Veronesi) è un mago dell’entrateniment.
Saltella spaziando per l’intero palco, incurante della severa proibizione di scendere per stare ancora più vicino a chi ha rinunciato al cinema o alla tv per lui.
Si premura che, una volta iniziate le due ore in cui “agisce“, nessuno si renda conto che il tempo passi.
Interpreta i suoi pezzi con un calore, un’immedesimazione tale, da esserli, impersonarli. Gestuale, chiaro; timbro deciso.
Racconta con l’aplomb dell’uomo di cinema, mostrando realtà che spariscono una volta finite, in una sequenza di carrellate tanto vivide quanto divertenti.
Passa dalla musica leggera, popolare, ma con un carattere jazz, alla teatralità sontuosamente arrangiata del Gaber di “Polli d’allevamento“; dai toni fumosi di standard in club serali (“Stormy weather” di Billie holyday e “La mer” di Charles Trénet, tradotta in lucano) al cabaret, riuscendo a toccare sensazioni musicali degne degli Air di “Les premieres symptomes“, i Led Zeppelin “Baby I’m gonna leave you” o “Your song” di Elton John.

Un’ottima presentazione dal vivo per il suo album “La mia parte imperfetta“, uscito proprio quest’anno.
Arricchiscono i colori, coni di luce spettacolari, della regia di Valter Lupo, che è anche coautore abituale di Papaleo.

Tutto si fa gioco, risata, per finire nella splendida danza di una foca russa da circo.
Una piccola impresa, certo, ma quando è tutto il teatro ad alzarsi in piedi per imitare il protagonista, solo allora, l’esperimento è riuscito.
E Papaleo può scendere di nuovo dal palcoscenico, per stare di nuovo con il suo pubblico.

Testo di Alessandro Pilia

Foto di Paola Corrias

Info Rocco Papaleo:

http://www.myspace.com/roccopapaleo
http://www.facebook.com/pages/Rocco-Papaleo/220982607995191
https://twitter.com/#!/rocco_papaleo

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