“Quit Festival”, Cagliari – Prima giornata: Danilo Casti, Lucus, Quiet Ensemble


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12 aprile 2012

Quit Festival è una materia informe ma plasmata, piena di anfratti, pieghe, buchi, organizzata dall’Associazione Culturale Quit.
Più semplicemente, Quit Festival sono tre giorni, tre serate, in cui decine di persone ci comunicano qualcosa di nuovo. Idee, confini.
Innovazione, mezzi che hanno che fare con una propensione esplorativa, in perenne evoluzione.
Non è del tutto corretto chiamarle solamente installazioni, esperimenti, concerti. Sono piuttosto condivisioni, spicchi di frutti cosmici mostrati dall’interno. Full immersion in vasche di materia celebrale. Linee estetiche. Gesti.
Arte, uomo, tecnologia.

Quit, arrivato alla sua seconda edizione, si snoda tra il Ghetto degli Ebrei e il Muzak, ed è totalmente gratis.
Il primo appuntamento ha luogo proprio nell’ex caserma settecentesca, radicalmente stravolta in uno spazio caldo, cablato.
Persiste un rumore bianco simmetrico, tenui luci bianche che si fanno blu, qualche sciaborriata di serrande, un notevole “No signal” proiettato in alto a destra.
Lo spazio è un’opinione.

Danilo Casti presenta il progetto “B-CABDEEF“, assieme ad Anta.
Meglio: Anta suona una chitarra elettrica mancina, emette messaggi manipolati in tempo reale da Danilo tramite MAX/MSP.
Sei canali.
Un processo di rottura, saturazione, contrasto sull’armonia, sovrapposto alle enormi ombre cinesi sulla parete. Sagome dilatate, lontane rappresentazioni di quello che era all’origine.
In un immenso piatto d’acqua, il mare. Sembra essere successo qualcosa. Scene seguenti a un naufragio aereo, trovare una ragione post-impatto, tra sibili emicranici e neon a intermittenza. Tartagliando rottami di un niente.
Sacre verità/”…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà“.
Sciami di insetti in cupole di chiese gotiche teletrasportati, affogati negli abissi di campi da squash decompressi.
Sorprendente cosa si possa tirare fuori oggi da una chitarra, se castizzata, scremata a modo.
Con un unico obiettivo: destabilizzare.

Il continuum è portato avanti dal progetto Lucus.
Succede così: Francesco Serra gira un video, da qualche parte, in un bosco sardo. Si occupa poi di sonorizzarlo con l’ausilio di Francesco Brasini. Stanno dietro il pubblico, in fondo, a palesare lentamente gli antri di un mistero, la nudità di una zona morta, un divenire naturale, fisico.
Lucus necessita una concentrazione massima.
Coi suoi primi minuti di nero assoluto, il suo candido bordone, richiama certi tradizioni greche, di ripetizione, o aggiunta, millimetrica. Il vuoto crea pieno. Il pieno si palesa in una somma di istanti.
La radura circondata da alberi di menta. Una partenza. La paura del buio. Un’evoluzione. L’opera che si compie stridendo. Una rivelazione. A momenti la sutura sagittale prende il volo.
Da ricordare: “La visione del prossimo spettacolo non è adatta a chi soffre di disturbi epilettici“.
Il fenomeno di rifrazione domina la scena, sino a spegnersi in un ripetuto battito di mani e di respiri a lungo trattenuti.
Lucus è difficile, ostico. Eppure affascinante.
Missione decisamente riuscita.

Sulla scena si posiziona un quartetto d’archi.
Appena di lato, su un banco colmo di laptop, mixer e aggeggi vari, si muove il Quiet Ensemble di Bernardo Vercelli e Fabio Di Salvo. Era prevista dal programma l’esecuzione di un brano di Bach, poi sostituita da “qualcosa di un compositore giapponese“.
Poco importa, il nocciolo è un altro: “Allegoria“, il titolo, la ragione.
Movimenti superficiali, battiti interni, strascichii, poliritmia. Il fluire sonoro di corde e crini è contaminato dal vivere stesso dei musicisti. Non solo quello che producono, ma quello che sentono, affiora sulla superficie acustica diretta allo spettatore. E’ un bombardamento che si fa sempre più insistente.
Grazie ai mioelettrodi collegati agli avambracci, è possibile captare i muscoli cardiaci, il flusso sanguigno; grazie ai sensori Piezo elettrici, gli sfregamenti, le microtensioni. Tutto è semplicemente amplificato. Nessuna manipolazione, completa fedeltà. Un’altra rivelazione.
La resa video è creata per mezzo di Microsoft Kinect, in sincretismo con i suoni e le molecole. Indispensabile l’apporto di Franz Rosati (sound desiner), Fabio Sestili (tecnico del suono), Daniele Mazzei (consulente scientifico del Centro Ricerca E. Piaggio di Pisa) e Marco Cinquegrana (consulente di programmazione).

Testo di Alessandro Pilia

Foto di Paola Corrias

Info Quit Festival:

http://www.quit-project.net/festival/

Info Danilo Casti:

http://www.danilocasti.com

Info Francesco Serra/Lucus:

http://www.myspace.com/treesofmint

Info Quiet Ensemble:

http://www.quietensemble.com


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