Live report: Bungalow 62 – Teatro La Vetreria, Cagliari


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22 aprile 2012

Il Teatro La Vetreria è un posto magnifico.
Ci si arriva a piedi e varcato l’ingresso si apre uno spazioso patio.
E’ solo una breve attesa, prima di accedere al teatro vero e proprio. E nel frattempo si passeggia, circondando diversi stand, tra cui quello con le creazioni dell’artista Alberto Spada.
Bestiacce, mostri. Tutti simpatici.
La fretta per entrare, la fila per evitare i refoli con allergie volanti di questa media primavera.
In quel di Pirri.

In prima fila c’è un fantasma.
Intanto che dietro si crea un chiacchiericcio scoppiettante, incappucciata, bianca, con sorriso e sopracciglia disegnate, la figura siede tranquilla sui suoi zoccoletti lisi. Qualche volta Michele Sarti le si avvicina, chiede se è tutto a posto, poi va via.
Resta immobile persino quando Raffaele Badas, in arte Hola La Poyana, presenta la serata in una “condizione psicologica…grave“, lasciando l’apertura musicale a Paolo Forlì, in arte Bungalow 62 da San Benedetto del Tronto.

Pollice sulle corde dell’acustica, fischiettare come sega musicale, calzature che battono il tempo, e si emozionano, Bungalow 62 è un uomo di accordi discendenti e impressivi, almeno quanto leggeri.
A sorprendere, le sfumature vocali che si estendono da un rantolo non ben definito, proveniente da una cassa di risonanza dall’altra parte del pianeta, in qualche grotta celata, e il sospiro fumante, femminile, onirico, degli accenni sul microfono.
Sembra di scoprire un giardino, sotto le nuvole, come se non fosse la realtà.

Richiami dell’Elliott Smith più lennoniano, il ricordo vago di un Goodmorning Boy, la fantasia che Graham Coxon ha perso, stralci di vocalità Black Francis.
Ma sono solo le ombre proiettate dai riflettori, e mentre evaporano, inconsistenti, ci si chiede come entro la forma corporea di quell’essere possa sprigionarsi una tale energia, bagliore compresso d’atmosfera.

I confini si indefiniscono, la percezione “binoculare nella domenica pomeriggio” si fa english mood piovoso, nenia in falsetto, instabile movimento senza sicurezza.
Di motel in motel, un Jim Jarmusch in bianco e nero.
Pazzo, cattivo, morto.
Marginale eppure soggetto centrale di una storia, crepuscolare come un romanzo di Cormac McCarthy, in mezzo a brani che potrebbero non avere un finale.
E continuare, continuare.

L’ambiente si stempera nella eelsiana “Brown focus“, che dovrebbe avere tantissimi strumenti ma invece si suona tutta sola. Una culla gioca coi silenzi, dondolando il capo, in punta di piedi.
Qualcuno tossisce in sottofondo, ma fa parte dell’arrangiamento.

L’inno alla semplicità sincera di “Sonnets: n°21“. Corde alte, candele dorate, mamme e bimbi. Ammaliante.
Il bozzetto indie di “Shining silence“, l’armonia del racconto adolescenziale, le avventure di un’estate lucente. Scapestrata.
E se la cover dei Flaming Lips è un’altalena senza pensieri, disperata senza un perché, quella dei Roxy Music non reca traccia di synth pop, e sotto i toni burberi reca tanta delicatezza.

Fermata di inizio secolo per la serenata “The doorman“, l’ultimo pezzo dell’ultimo disco, sguaiata, profonda, aperta.
Si sta facendo sera, sembra molto tardi.
E certi versi fanno passare tutte le paure che attendono svoltato l’angolo.
Perché c’è qualcuno che ce le spiega in un soffio di vento.

Continua…

Scaletta:

Joseph’s turpentine
Bet and Charly
Binoculars on sunday afternoon
Browns focus
Sonnets: n° 21
Shining silence
There you are
More than this
The doorman

Testo di Alessandro Pilia

Foto di Paola Corrias

Info Bungalow 62:

http://www.myspace.com/bungalowsixtytwo
http://www.facebook.com/pages/Bungalow62/25880931414707

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