11 maggio 2012
“We play violins. We’re a violin group!“
Toni Coca-Cola
“The driller killer“, 1979
Siamo sicuri che sia l’11 maggio 2012?
Siamo sicuri che sia il Muzak di via Stretta a Castello, Cagliari?
E’ un buco nero, un lapsus spazio-temporale?
O è piuttosto un risultato, una cifra stilistica di Squeezy Beast (AKA Lynda Beast AKA Stanley Bad AKA Geoffrey Sick, e potrei proseguire riempendo tutto lo spazio concessomi) e del suo fido compagno fisarmonicista, St. Moth?
Presentataci da Laura Mura, adobbata tra ricamatissimi abiti da sera neri e baffi turchesi finti, la strana coppia si accomoda in un angolo e inizia uno spettacolo. E non si tratta semplicemente di un concerto, ma di un vero e proprio estratto dall’immenso, sterminato repertoire della bestia londinese.
Decine di pagine spartitiche da sfogliare, altrettante frasi pescate dal taccuino, spesso in italiano, perlopiù incentrate sul cibo, gli stravaganti episodi, i teatrali sentimenti. Da declamare, da inscenare e sostenere, senza la paura di un accento alquanto comico.
Lynda è dada.
Scalz*, le scarpe ben posizionate in prima fila. E’ avanguardia, quella novecentesca.
E da qui prende le fila il suo discorso, che spostandosi da una presa di posizione prettamente europea, si fa pura espressione tipicamente anglosassone.
Si va a salti, per acchiappare il fascino da femme fatale anni quaranta e sporcarlo con gli strascichi di trent’anni dopo. Il glam, per intenderci, ma solo nella messa in scena, nella riproposizione di un sé alterato, posto al bordo.
Avanspettacolo.
Lynda/Stanley infatti, pare sempre fuori posto, né l’uno né l’altro, una forma maschile e femminile assieme. Fuori dallo schema facile, ma dirompente ai suoi tempi, che fu il David Bowie pre-Los Angeles e pre-Berlino. Sfrecciando sul portamento di un Dr. Frank-N-Furter, ma con meno cattiveria.
Questo sguardo denso, dalle falangi abili, lava via ogni ombra maliziosa, apre il racconto di quando aveva sei anni: “Ho piantato una piuma nel mio orologio“, “vivevo di fagioli, piselli e torta“. Oppure lo “spuntino inglese” fatto di mais, “lo sgranocchiamostri” (monster munch, come uno specchio del carattere infantile e al tempo stesso sbevazzone).
E si destreggia anche con le liriche alte. Scomodare Gabriele D’Annunzio o Paolo Conte non è ancora un reato, no?
Lynda canta la potenza di testi sino ad ora intraducibile nella nostra lingua: qualcuno potrebbe trovarli insulsi.
Be’, è questo il patrimonio della sua cultura. Niente di più semplice dei “ricci sulla spiaggia con amici“, dei “peli sulla faccia“, di “Marianna, a te piace catturare gli insetti, io preferisco mangiare gli spaghetti“. Facevano lo stesso Paul Macca e John Lennon quando si chiudevano in sala a provare stronzate, strafatti e ridanciani. E probabilmente così è nato il bel canto di “Sun king“.
E probabilmente è così che funzionano le filastrocche/chansons in italiano che si può immaginare un inglese.
La visione stereotipata di una cultura tendente al Mediterraneo?
Le traduzioni letterali, il cibo saporito, la tragedia sentimentale, pseudo-patetica?
Purezza anglosassone, oserei dire. E’ come ci vedono, è come ci filtrano con uno spirito dirompente, sardonico, linguacciano e sghembo, ma contemplando una posizione distaccata, e per questo pregna di valore, come fosse la degna restituzione di come non ci potremmo mai immaginare.
Lynda è un ikebana.
E’ la moglie di McCartney.
E’ dribblare la capacità tecnica.
E’ la rottura degli schemi e Julian Cope.
E’ un campionario slapstick di reminescenze citazioniste.
E’ il brit di Peter Weller e del suo piano elettrico.
E’ la dolcezza vocale e sinfonica di The Divine Commedy.
E’ un disco di natale in un film dimenticato.
E’, infine, l’anima più pura del punk: un mostro esagerato , ma pur sempre in terra albionica.
Lo sa Santa Tarma, che intona una bella ninna nanna poco prima che DJ Ringhiera (AKA Michele Sarti) prenda il sopravvento.
A fianco la/il su* compare/comare russa e sbadiglia, dopo aver ruttato, singhiozzato, battuto il capo, allungato tutte le vocali, sobbalzato e sviolinato.
C’è da dormir sereni, questo è burlesco.
Testo di Alessandro Pilia
Foto di Paola Corrias
Info Squeezy Beast:
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