LA SCADENZA – personale di Augustine Namatsi Okubo

Augustine nasce e vive in Kenya, tra Busia e Nairobi.
Una volta stabilitosi nel sud Sardegna, Augustine riadatta la tradizione artistica popolare dei Maasai del Kenya ed elabora un linguaggio ponte tra la tradizione (il passato antico e recente della sua gente), il momento attuale (in un territorio che ha compiuto passi da gigante senza comprerderli a fondo, i materiali industriali vanno riciclati) e il futuro (la salvaguardia dell’ambiente per un domani che non sia come il passato o il presente).
Augustine cerca così di salvare la coscienza e la memoria.

La Scadenza.

Il mondo scade, come scadono i materiali delle sue opere, come i prodotti da cui derivano i materiali impiegati.
La scadenza dei ricordi, la scadenza dei valori culturali, la scadenza della cultura, la scadenza come scorrere del tempo, la scadenza come avvicinarsi del momento decisivo in cui sarà necessario dare una svolta.
La Scadenza come monito, come incoraggiamento all’impegno sociale e collettivo, come impulso per una nuova sensibilità verso le questioni ambientali.collari e orecchini).

 

IL BANGILI

Il popolo Maasai è un popolo nilotico, appartiene allo stesso ceppo degli Etiopi. I Maasai abitano gli altopiani confinanti con Kenya e Tanzania, a est del Lago Vittoria.
Per tradizione, sono grandi guerrieri e allevatori transumanti, nonostante alcuni gruppi si stiano stanziando a causa della subentrata pratica dell’agricoltura, fenomeno che si manifesta in particolare nei territori del Kenya.
Nella tradizione Maasai il corpo è ornato da gioielli e monili creati con perline di vetro colorato. Le perline, retaggio del periodo moderno, sostituiscono le tradizionali di origine naturale. L’uso delle perline vitree risale alla fine del Medioevo ed è legato alle attività commerciali che le popolazioni africane intrattenevano con India e Cina.
Il XVI secolo vede una fervente attività di baratto tra Portoghesi e indigeni della costa occidentale africana. E in particolare i piccoli oggetti vitrei, prodotti nell’Europa continentale, erano utilizzati come merce di scambio con i prodotti locali, ormai entrati nell’uso quotidiano Maasai quale ornamento femminile.
Nonostante il loro scarso valore materiale, le perline rivestono un rilevante valore simbolico.

I bracciali tradizionali, chiamati bangili in lingua maa (lingua maasai) sono realizzati principalmente dalle donne. Hanno dimensioni diverse (possono arrivare a coprire buona parte dell’avanbraccio) ma seguono lo stesso modello, rigido e a sezione circolare – ellitica, con apertura a tutta altezza nella parte inferiore. I tipici motivi ornamentali geometrici  (rettangoli, triangoli, parallelismi obliqui) sono definiti dai diversi colori delle perliine, che caricano il gioiello di significati leggibili.
Ogni perlina rappresenta la vita di un componente della grande famiglia a cui appartiene l’individuo che indossa il bangili. Il concetto di famiglia come nucleo allargato è una peculiarità non solo maasai, ma di tutta la struttura sociale del continente africano.

Anche il colore acquisisce un forte valore simbolico: l’azzurro rappresenta il cielo, quindi il Dio; il nero le nuvole prima della pioggia, quindi la vita e la prosperità; il verde la vegetazione rigogliosa dopo la pioggia, quindi la pace. Il rosso, che ricopre un ruolo preponderante nel vestiario tradizionale, simboleggia il sangue della mucca, il bianco il suo latte.
Ecco che Augustine rappresenta il bangili tradizionale, nel pieno della valorizzazione dei materiali di scarto.
Ne rielabora e ripropone i tipici disegni che si ritrovano anche negli altri gioielli tradizionali (collari e orecchini).

 

MEMORIES

La grande maschera di Augustine rappresenta, formalmente, la maschera tradizionale africana.
Realizzata esclusivamente con materiale di riciclo, il manufatto riporta i tratti tipici di una “maschera” lignea, utilizzata perlopiù nei riti religiosi tradizionali.
I grandi occhi, la bocca sporgente, i tratti netti creano un ponte diretto con l’Africa subsahariana.
La maschera copre il volto della persona che la indossa, ne nasconde volutamente le espressioni e, conseguentemente, le emozioni. Si pone come intermezzo tra l’io e il mondo esterno.
Augustine sceglie espressamente di crearla ricorrendo ai materiali poveri, quelli di scarto: tappi di succhi di frutta e fil di ferro ricavato da vecchie recinzioni.
Le dimensioni dell’opera dimostrano il grande lavoro necessario per la creazione: un tappo alla volta, un filo alla volta, come le perline del tradizionale bangili maasai, che si uniscono in una densa trama, in un grande puzzle colorato, in un mandala declinato all’africana.

La maschera, che nella tradizione popolare rappresenta la vita, impersonifica la memoria di Augustine, dei suoi compaesani, dei kenyani, dei maasai, degli africani e di  ogni essere umano.
Grazie alla memoria qualcosa si tiene in vita. La tradizione, l’essenza dell’uomo, l’ambiente in cui egli è nato, che è parte di se, rivive nella maschera di Namatsi.
Augustine si ricorda di Busia. Il piccolo villaggio, che sorge al confine con l’Uganda, lo ha accolto nell’infanzia e nella prima giovinezza. La fervente vita di Busia era dettata dalle piccole attività commerciali, dai mercati, dai pescatori, dal lavoro artigianale femminile.
Nel viaggio intrapreso recentemente, dopo quindici anni dalla sua partenza dal Kenya, Namatsi trova una Busia diversa, più industriale, moderna, grigia.
La maschera così diventa un velo, un effetto fuori fuoco sul ricordo, sul passato che, se da un lato lo offusca e lo rende lontano, dall’altro lo preserva, quasi intatto. Scatta una fotografia istantanea e retroattiva.
Immortala un’Immagine.

Memories rappresenta la fatica e il lungo tempo necessario per arrivare a una soluzione, per metabolizzare l’importanza della salvaguardia ambientale.

Ogni tappo è un passo, verso il futuro, ma al contempo verso il passato.

Ogni tappo, timido oggetto riciclato, è essenziale.

 

Testi di Paola Corrias per LA SCADENZA, personale di Augustine Namatsi Okubo, in collaborazione con FOUDUDIA

 

 

 

LA MATERIA SI TRASFORMA

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LA MATERIA SI TRASFORMA
a cura di Paola Corrias

LA MATERIA SI TRASFORMA è una mostra temporanea sull’Arte del riciclo e la trasformazione dei materiali.

Matteo Campulla, Augustine Namatsi Okubo, Sergio Pilia, Giacomo Zucca sono i quattro artisti che esporranno negli spazi espostivi delle ex Scuole Maschili di Iglesias.

Dal 29 novembre al 7 dicembre 2014, ex Scuole Maschili, via Roma 68, Iglesias

Aperto tutti i giorni dalle 17.00 alle 19.00.

Opening sabato 29 novembre ore 17.00.

La collettiva, curata da Paola Corrias, già ospitata nella stagione estiva presso il Museo Geopunto (ex miniera di Genna Luas), prosegue il suo percorso nel centro storico di Iglesias, ospitata negli spazi dell’associazione culturale “Remo Branca” (ex Scuole Maschili).

Dal Museo fuori porta al centro storico, uno spostamento simbolico che esplica come una problematica ritenuta componente marginale del vivere quotidiano possa e debba divenire fulcro delle attività abitudinarie di tutti noi.

LA MATERIA SI TRASFORMA non è la solita lezione sulla salvaguardia ambientale. E’ piuttosto una dimostrazione esemplare dell’ARTE dell’arrangiarsi: con poche risorse, risorse esauste e bistrattate, i linguaggi possono essere variegati, alternativi, diretti.

LA MATERIA SI TRASFORMA accoglie le opere di quattro autori di diversa provenienza che esprimono la propria vena artistica ricorrendo soprattutto all’impiego di materiali di riciclo. Matteo Campulla, Augustine Namatsi Okubo, Sergio Pilia e Giacomo Zucca aderiscono così alla mission del Museo Geopunto, che comprende, tra gli altri, l’obiettivo della sensibilizzazione ambientale, in collaborazione con l’ApgS e il CEAS del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna.

LA MATERIA SI TRASFORMA intende evidenziare il processo di trasformazione che gli oggetti acquisiscono/subiscono continuamente, col trascorrere del tempo e l’usura quotidiana, lasciando al contempo una libera e personale lettura da parte del visitatore.

I principi non sono esplicitamente svelati: una scelta progettuale/allestitiva che da arbitrio a un occhio attento di analizzare, secondo la propria sensibilità, il mutamento dei diversi materiali.

Matteo Campulla esterna la sua riflessione introspettiva sulla vita reale appoggiandosi a un’ immagine scandita da pixel, frammentata, rallentata. Evidenzia i comportamenti umani in uno studio socio-antropologico sul rifiuto del prodotto, sulla frammentazione dell’Io, un percorso di analisi diametralmente opposto all’opera di composizione degli altri artisti.

Augustine Namatsi Okubo crea elementi d’arredo a partire da tappi metallici e fil di ferro, senza l’aggiunta di altri materiali. L’intreccio dei fili che infilzano i tappi genera forme sempre diverse e dai volumi importanti. Ogni tappo racchiude una storia diversa, una provenienza diversa, ma la loro destinazione è stata scelta e definita dall’artista kenyano, che ha fatto virtù di questi elementi di scarto, unendoli in un unico destino, facendosi creatore di una loro nuova vita.

Sergio Pilia non si ferma davanti a nulla. L’artista di origini ogliastrine mette in pratica gli studi accademici fondendoli con l’essenza della strada: molte opere sono realizzate a partire da supporti di scarto. Colore, resa di superfici, personaggi visionari rendono inconfondibile il suo stile. Da accostamento e assemblaggio di materiali e elementi diversi, nascono strumenti musicali e oggetti di utilità quotidiana.

Giacomo Zucca, da San Sperate all’Accademia di Sassari, mette a frutto la sua creatività regalandoci viaggi gratuiti nella sua immaginazione, quasi un’immersione in un mondo onirico e lisergico, dove mostri, fiamme evanescenti e personaggi cyberpunk movimentano un’esplorazione tridimensionale.

Nella mostra troverete oggetti con cui potrete interagire: SI PREGA DI TOCCARE è il piccolo percorso ritagliato all’interno dello spazio espositivo, che consente al visitatore un approccio diretto con l’opera.

Vi aspettiamo per l’inaugurazione sabato 29 novembre alle ore 17.00.

In collaborazione con Museo Geopunto, ApgS (Associazione per il Parco Geominerario storico ambientale della Sardegna) e CEAS del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna.

The Factory Of Addictionshttps://www.youtube.com/watch?v=uaVaQ9j4DmA

di Matteo Campulla